Non illuderti: la passione non ottiene mai perdono.
Non ti perdono neanch'io, che vivo di passione.
{Pier Paolo Pasolini}
Sono uno
che è nato in una città piena di portici nel 1922.
Ho dunque quarantaquattro anni, che porto molto bene
(soltanto ieri due o tre soldati, in un boschetto di puttane,
me ne hanno attribuiti ventiquattro – poveri ragazzi
che hanno preso un bambino per un loro coetaneo)...
{Pier Paolo Pasolini}
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d’esistere.
{Pier Paolo Pasolini}
Non lasciarti tentare dai campioni dell’infelicità, della mutria cretina, della serietà ignorante. Sii allegro. [...] T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.
{Pier Paolo Pasolini}
Ho vissuto
quella pagina di romanzo, l’unica della mia vita:
per il resto – che volete –
sono vissuto dentro una lirica, come ogni ossesso.
{Pier Paolo Pasolini}
La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza.
{Pier Paolo Pasolini}
Qual è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o i cuori?
La morte non è nel non poter più comunicare ma nel non poter più essere compresi.
Posso anche essere un non credente, ma sono un non credente che ha nostalgia di una fede.
La diversità che mi fece stupendo
e colorò di tinte disperate
una vita non mia, mi fa ancora
sordo ai comuni istinti, fuori dalla
funzione che rende gli uomini servi
e liberi. Morta anche la povera
speranza di rientrarvi, sono solo, per essa, coscienza.
E poiché il mondo non è più necessario
a me, io non sono più necessario.
Per essere poeti, bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Soltanto solo,
sperduto,
muto, a piedi
riesco a riconoscere le cose.
Ben protetto
dall'impura virtù e dall'ebbro peccare,
difendendo una ingenuità di ossesso,
e con quale coscienza!, vive l'io: io,
vivo, eludendo la vita, con nel petto
il senso di una vita che sia oblio
accorante, violento...
{Pier Paolo Pasolini}
Alle volte è dentro di noi qualcosa
(che tu sai bene, perché è la poesia)
qualcosa di buio in cui si fa luminosa
la vita: un pianto interno, una nostalgia
gonfia di asciutte, pure lacrime.
{Pier Paolo Pasolini}
Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d’esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m’hanno oscurato agli occhi l’erba, i monti
le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera. Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c’è solo l’ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre. Io non so frenare
quest’angoscia che monta dentro al seno;
essere solo.
{Pier Paolo Pasolini}
Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine.
{Pier Paolo Pasolini}
Adulto? Mai, mai, come l’esistenza che non matura, resta sempre acerba di splendido giorno in splendido giorno, io non posso che restare fedele alla stupenda monotonia del mistero. Ecco perché, nella felicità, non mi sono mai abbandonato, ecco perché nell’ansia delle mie colpe non ho mai provato un rimorso vero, pari, sempre pari con l’inespresso, all’origine di quello che io sono.
{Pier Paolo Pasolini}
Sono uno
che è nato in una città piena di portici nel 1922.
Ho dunque quarantaquattro anni, che porto molto bene
(soltanto ieri due o tre soldati, in un boschetto di puttane,
me ne hanno attribuiti ventiquattro – poveri ragazzi
che hanno preso un bambino per un loro coetaneo)...
{Pier Paolo Pasolini}
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d’esistere.
{Pier Paolo Pasolini}
Non lasciarti tentare dai campioni dell’infelicità, della mutria cretina, della serietà ignorante. Sii allegro. [...] T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.
{Pier Paolo Pasolini}
quella pagina di romanzo, l’unica della mia vita:
per il resto – che volete –
sono vissuto dentro una lirica, come ogni ossesso.
{Pier Paolo Pasolini}
La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza.
{Pier Paolo Pasolini}
Qual è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o i cuori?
{Pier Paolo Pasolini}
Scelgo di eccellere, non di competere!
La morte non è nel non poter più comunicare ma nel non poter più essere compresi.
Posso anche essere un non credente, ma sono un non credente che ha nostalgia di una fede.
{Pier Paolo Pasolini}
La diversità che mi fece stupendo
e colorò di tinte disperate
una vita non mia, mi fa ancora
sordo ai comuni istinti, fuori dalla
funzione che rende gli uomini servi
e liberi. Morta anche la povera
speranza di rientrarvi, sono solo, per essa, coscienza.
E poiché il mondo non è più necessario
a me, io non sono più necessario.
{Pier Paolo Pasolini}
Finché io non sarò morto, nessuno potrà garantire di conoscermi veramente, cioè di poter dare un senso alla mia azione, che dunque, in quanto momento linguistico, è mal decifrabile.
È dunque assolutamente necessario morire, perché, finché siamo vivi, manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza) è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili motivi contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile.
Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci.
{Pier Paolo Pasolini}
Per essere poeti, bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
{Pier Paolo Pasolini}
Siamo stanchi di diventare giovani seri,
o contenti per forza, o criminali, o nevrotici:
vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare.
Non vogliamo essere subito già così sicuri.
Non vogliamo essere subito già così senza sogni.
{Pier Paolo Pasolini}
sperduto,
muto, a piedi
riesco a riconoscere le cose.
{Pier Paolo Pasolini}
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